domenica 14 ottobre 2012

Behind the enemy lines

da "qualche parte" nell'East End

                Ok, è buio e sono legato, questo è quanto. La testa mi gira come se all’interno un gruppo di piccoli teppisti si stesse divertendo sugli autoscontri. Doppio trauma cranico nel giro di mezzora, non esattamente il mio genere di “serata tipo”. Devo recuperare la lucidità e devo farlo in fretta. Sono in una piccola stanza, un sottoscala probabilmente, davanti a me distinguo una porta dal cui stipite filtra una luce debole.



                  Cerca di ricordare, vecchio, dove sei? Immagini sfocate si affacciano alla mia mente: mi scaricano dal furgone, mi legano, mi urlano contro qualcosa, mi riempiono di calci. Mi passo la lingua fra i denti e ne sento distintamente uno che si stacca. Lo sputo per terra e impreco sottovoce. I ragazzi si sono sfogati per la morte del loro compare, ma è chiaro che hanno ricevuto l’ordine di conservarmi vivo e integro, più o meno. Testimone è il fatto che le mie ferite da arma da fuoco sono state medicate, i proiettili nella spalla e nel polpaccio estratti. Credo che i boss vogliano togliersi la soddisfazione di persona. Quei due bastardi.
                  Passano le ore con una monotonia disarmante. Sento vaghe voci provenire da fuori, ma non capisco. D’altronde è russo, c’è poco da capire. Percepisco lo scorrere lento del tempo e il gonfiarsi dei lividi su braccia e gambe. Una fitta al costato. La faccia gonfia. Aileen non me lo perdonerà mai. In un raro momento di lucidità capisco realmente in che razza di casino mi sono ficcato. I russi. I fottuti russi. Un’intera carriera da contrabbandiere ad evitare di finire sotto le loro mani, un tira e molla che dura da trentanni. Poi “l’accordo”: anche se sarebbe meglio dire “il ricatto”. E adesso ancora una volta a rischiare la pelle per colpa loro. Merda.
                  Ragiona, vecchio, chi sa che sei qui? Nessuno, coglione. Devi esserti proprio rimbambito per l’età, cazzo. Tutte quelle menate sul tema “io lavoro da solo” e guarda com’è andata a finire. Tu non sei Bruce Willis, pezzo d’idiota. E questo non è Die Hard. Qui si muore davvero.
                  Già, si muore davvero. E morire per mano di questi stronzi sovietici è anche peggio. Cazzo: è la cosa più stupida che abbia mai fatto. Tentare un rapimento senza aver studiato la zona, non avere nessuno a guardarmi le spalle, nessun fottuto piano B. E non aver avvisato nessuno. Non si lavora così, un professionista non commetterebbe mai questi errori.
                  Ok, hai perso lucidità, può capitare. E’ coinvolto tuo figlio stavolta, la faccenda è delicata.
Mio figlio a cui non rivolgo la parola da dieci anni.
Tuo figlio a cui, nonostante tutto, vuoi bene.
Mio figlio che è l’unico che può davvero perdonarmi, aiutarmi a vincere i sensi di colpa.
Ma tu hai Aileen.
Sì, ma non conta: questa volta lei non c’entra. Non c’è mai entrata.
                  Smettila di commiserarti, vecchio. E ragiona. CHI sa che sei qui? I cinesi. Shin-Lang. Il figlio di puttana che mi ha cacciato in questo immenso casino. Il primo che pagherà una volta che sarò uscito di qui. Dopo tutto quello che ho fatto per quei musi gialli… fanculo.
                  Non passa molto poi, prima di vedere la porta aprirsi. Un paio di russi armati farfugliano qualcosa, poi fanno spazio ad un terzo. E ad un quarto. Questi due nuovi simpaticoni impartiscono ordini alle guardie, che subito sento allontanarsi lungo il corridoio. Per un attimo la luce artificiale mi acceca e vedo le loro sagome stagliarsi scure nell’arcata della porta, come implacabili giudici contro cui è vano lottare. Poi gli occhi si abituano e li vedo entrare ed avvicinarsi alla sedia dove sono legato. Non sono giudici, sono solo due cazzo di magnaccia slavi. Sempre loro, da trentanni, probabilmente gli unici boss ancora in carica dai miei tempi nelle gerarchie della criminalità locale. E ci sarà un fottuto motivo.
                  I fratelli Krushev in persona, quale onore! Krushev come il politico illuso di aprire la Russia all’Occidente. All’America. Ma qualsiasi persona di buon senso sa che i russi non saranno mai dei nostri: ci useranno, entreranno nelle nostre città e si fingeranno nostri amici, ma solo finché gli farà comodo. Poi troveranno il modo di fotterci. Non è razzismo o pregiudizio. Semplicemente noi faremmo lo stesso con loro: 40 anni di Guerra Fredda non si dimenticano facilmente. I fratelli Krushev, dicevo. Vladimir e Nicolaj. Più russi di così, si muore.
-     Nick, Vlad! Quanto tempo! Cazzo, devo dire che gli anni non sono stati poi così generosi con voi. Ehi, Nick, eri tu quello goloso di Hot Dog, vero? Devi avere un po’ esagerato negli ultimi tempi a giudicare dal grasso in eccesso. Dite la verità: vi sono mancato? -
Ci provo, a fare lo spavaldo. Ci provo, a non aver paura. La voce regge, non trema: ma Dio solo sa che dentro me la sto facendo sotto. Questi stronzi non si limitano ad uccidere: hanno letto tutti i manuali top-secret di CIA e KGB sulla tortura. E sanno metterli in pratica. Lo so perché l’ho visto fin troppe volte.
                  I due mi guardano, vedo i lineamenti duri e i volti segnati, la luce del corridoio che si riflette nel loro sguardo spietato. E’ tutto in bianco e nero, come in un noir degli anni cinquanta. Non credo che il mio approccio da simpatico cazzone abbia sortito effetto.  Non credo che ne verrò fuori vivo.
-     Ol’ James, vecchio stronzo. Hai avuto la tua possibilità di sparire, di far perdere le tue tracce. Un aereo per Parigi, un atollo nel Pacifico, Cuba, una cazzo di capanna sulla spiaggia in Brasile. Ma no, tu devi continuare ad osare, tu devi dimostrare che sei il più furbo, che puoi fare tutto ciò che vuoi. Bè, adesso hai finito di giocare –
La calata russa è appena percepibile, sono troppi anni che vive negli Stati Uniti per far notare il suo accento. E’ Nick che parla, mentre tira fuori il suo coltello e comincia a muovermelo davanti, usando la lama per riflettermi in faccia la luce artificiale. Non oso pensare cosa voglia farmi con quello.
-       Suvvia, Nick, perché le cose devono prendere questa piega? Sì, è vero, vi avevo detto che sarei sparito. E vi ho pagato profumatamente per lasciarmelo fare. Ma sono qui solo di passaggio, non ho alcuna intenzione di rimettermi in affari o di darvi fast… -
-      Shhhh – mi zittisce come un bambino mentre poggia la lama sulla mia guancia e comincia lentamente ad incidere. Le prime gocce di sangue scivolano lungo il collo.
-      E il meeting coi cinesi non significa niente, vero? O forse hai ricominciato a collaborare con loro? Chi traffica coi musi gialli, lo sai, è nostro nemico… –
Cazzo. Sanno tutto, l’hanno sempre saputo. Non mi resta che stare al loro gioco.
-       Ok, ok. Avete vinto. Trattiamo –
-    Trattare? Tu non hai più niente che ci interessa a parte la tua stessa vita. Hai perso ogni potere –
-    Suvvia, non prendetemi per un idiota totale – dovrebbero invece – vi sembra possibile che uno come me si cacci in un casino del genere senza nemmeno essere scortato? I miei colleghi “amici di Mao” avranno già circondato l’edificio a quest’ora. Lasciatemi andare e forse si limiteranno a far saltare in aria questo posto. Mentre voi due potreste aver salva la vita… già che ci penso, forse solo uno di voi due –
Leggo un lampo di dubbio nei loro occhi e prego che siano così idioti da stare al mio bluff.
-      Vuoi dire che hai fatto da esca per fargli trovare questo posto? Nessuno sarebbe così pazzo –
-       Sai com’è, quando uno non ha più niente da perdere… -
-      Ora basta stronzate – game over. Vladimir tira fuori la pistola e poggia la canna aderente alla mia fronte, mentre Nicolaj allontana il coltello. Dio, quanto la vedo brutta.
-       Ehi, cazzo, non mi offrite nemmeno l’ultima sigaretta? -
-       Va’ al diavolo, Ol’James –
-       Gli porterò i vostri saluti, sono sicuro che vi sta aspettando -
Vlad tira il cane e preme il grilletto. Peccato che la mia testa non sia più lì. In un lampo i muscoli del collo scattano, un secondo prima che il colpo esploda. La mia mascella si serra attorno alle dita del russo mentre l’esplosione accanto all’orecchio mi fracassa il timpano e mi stordisce. Mordo con tutte le mie forze, poi mollo. Con la testa che mi gira e la gamba ferita che chiede pietà faccio perno sui piedi legati e ruotando fracasso la sedia di legno addosso a Nick, che stava ancora aspettando di vedere le mie cervella spiattellate sul muro. Gli anni passano un po’ per tutti e anche i due figli di troia qui davanti devono essere invecchiati. I polsi li ho sciolti un quarto d’ora fa, così mi lancio a raccogliere il coltello di Nick mentre Vlad caccia un urlo e fa cadere la pistola mentre si guarda la mano sanguinante. Ringraziando il cielo sono più in forma di quel grassone di Nick così arrivo prima alla lama e gli tiro un fendente. Il bastardo urla e si ritrae e io faccio appena in tempo a segare i legacci alle caviglie che subito me lo ritrovo addosso. Il ciccione è forte e pesante e in men che non si dica mi ritrovo disarmato e a terra con le sue mani al collo. Provo a mollargli due pugni alla bocca dello stomaco, poi passo ai reni. Ma Nick non molla la presa e io comincio a soffocare. Con la coda degli occhi vedo Vlad che ha recuperato la pistola con la mano sinistra e la punta incerto verso il groviglio di carne che si sta pestando a pochi metri. Fortunatamente è così stravolto che non chiama aiuto subito, lasciandomi una minima speranza di uscirne intero.
                  Un momento prima di svenire riesco a divincolare una gamba e a sferrare un calcio nelle palle a Nick: un calcio debole, ma abbastanza preciso da fargli allentare le mani. Rincaro la dose con una testata sul suo setto nasale che esplode in uno spruzzo di sangue.
-    Spara, cazzo, SPARA! – grida il grasso figlio di puttana al fratello.
Vlad nel panico prende la mira e fa fuoco una, due volte.
                  Complice la mano poco allenata e qualche santo che devo indubbiamente avere in paradiso, i proiettili si conficcano nel grasso di Nick anziché nella mia testa. Non perdo l’occasione: recupero e scaglio il coltello dritto in fronte a Vlad. Le infinite notti trascorse a gareggiare ubriaco con freccette e coltelli nei pub irlandesi dell’East Side saranno pur servite a qualcosa. Il coltello si ficca direttamente in mezzo agli occhi del russo che crolla a terra di colpo. Mi giro e tiro un calcio in faccia a Nick che sta urlando come un matto a terra: tace di botto, non so se morto.
                  Sono senza fiato, spalla e polpaccio mi bruciano da morire e deve essermi salita una febbre spaventosa. Ma non ho tempo di fermarmi, gli scagnozzi di questi due saranno qui a momenti, non possono non aver sentito le urla da porco scannato di Nicolaj. Mi chino a raccogliere la pistola ancora nella mano di Vlad: è una rivoltella, Smith & Wesson, canna corta. Non la mia preferita ma quantomeno è un revolver. Ancora tre colpi per te… e non perdere il conto stavolta, vecchio.
                  Esco zoppicando dalla porta: un corridoio, due porte agli estremi, una lampadina sbilenca ad illuminare il tutto. Ce la puoi fare, vecchio, sei uscito vivo da situazioni peggiori. Adesso devi solo decidere: destra o sinistra. Destra o sinistra?
                  Destra. Mi muovo più velocemente possibile e spalanco la porta con la pistola spianata. Ma quello che vedo…. mi fa perdere la speranza una volta per tutte.


Nessun commento:

Posta un commento