sabato 29 settembre 2012

Cobalto


East Side, seminterrato sulla Columbia Street 

        - Harry James Scott. Harry James Scott JUNIOR. Ecco tutto quello che mi ha lasciato mio padre. Un NOME. Il suo fottutissimo nome. E cosa dovrei farmene del suo nome, della sua fama da TRAFFICANTE di merda? -
Parlo da solo e fisso lo specchio del cesso davanti a me. Mi CARICO.
        - Ma adesso non sono più “Junior” per NESSUNO. Adesso, fanculo, sono “quello del COBALTO”. La miglior merda che puoi trovare per strada al giorno d'oggi. Pulita, comoda, pochi effetti collaterali, SBALLO assicurato. La richiesta aumenta ogni giorno, e ogni giorno abilmente danzo sul gioco della domanda e dell'offerta affamando la CITTÀ... senza mai lasciarla veramente a secco. La dipendenza. Grande invenzione - 
        Mi sono appena iniettato sotto pelle una DOSE. Una dose speciale, “corretta”, potrei dire. Buddy l'ha preparata appositamente per me, è diversa dalla roba che mandiamo in giro. Al momento sono l'unico che ne fa uso in tutto il fottuto globo. Sintetizzarla è un CASINO di cui ho sempre capito poco: strumentazione da migliaia di dollari, lavoro a bassissime temperature, processi di raffinazione complicatissimi, gran spreco di materie prime. Il risultato però è ECCEZIONALE. Gli effetti possono sembrare gli stessi del Cobalto ma portati all'ennesima potenza: basti pensare che questa dose speciale te la inietti direttamente nel CUORE o giù di lì. Il Cobalto, a confronto, non è altro che cocaina particolarmente pura.
         Mi sciacquo la faccia. Pochi secondi e arriva la botta iniziale, degna della migliore ERO. Più viscerale del più intenso ORGASMO della tua vita. Mi aggrappo ai bordi del lavandino mentre sento tutti i miei muscoli che fremono, come percorsi da una SCOSSA. Le gambe si tendono allo spasmo, i nervi delle braccia salgono in rilievo, mi si gonfiano le vene del collo. Sto da DIO.
        Ho del lavoro da fare, stanotte. Un incontro “diplomatico”, hanno detto. I tre boss delle maggiori famiglie dell'East Side manderanno i loro ambasciatori del cazzo a contrattare una SOLUZIONE. Perché non posso continuare così. Non posso prendermi tutto il quartiere. Ci sono regole, territori, mazzette da elargire.
         FANCULO. Io non tratto con i servi. Io non tratto con nessuno. Non mi spezzo e non mi piego: io ottengo ciò che VOGLIO e basta.
         Mi allaccio le All Star azzurre, mi infilo una canottiera rovinata e mi butto addosso il mio giubbotto di pelle. Fa FREDDO, dicono. Il TG ha annunciato un brusco calo delle temperature fin da stanotte. Sarà, ma io sto così fatto che non sento NIENTE, se non un piacevole tepore che promana dalla mia stessa pelle. Sono su di giri, anche se “su di giri” è riduttivo. “Matto come un CAVALLO” rende meglio l'idea. Scendo per i marciapiedi silenziosi di Columbia Street e respiro forte l'aria della notte. Le anfetamine sintetizzate nel Cobalto fanno il loro effetto: è come se il mondo girasse a RALLENTATORE. Le automobili che mi scorrono affianco, i rari passanti che incrocio e che mi osservano tesi e imbarazzati dal mio sguardo allucinato. Sì. E' come se tu fossi abituato a vedere la vita in bianco e nero e improvvisamente inventassero il COLORE.
         Continuo a camminare verso il luogo dell'appuntamento, non è lontano. Il Preacher's Bar è un bar h24, abbastanza distante dai traffici di ogni famiglia, ai confini del quartiere. Si dice che il proprietario sia un REVERENDO dell'Alabama, che si è spretato perchè ha perso la fede nell'uomo. Non fatico a dargli ragione. Imbocco uno stretto vicolo e godo nel sentire che la DROGA rende tutti i miei sensi più attenti, le percezioni sfiorano il paranormale. Sento il SUONO della prima goccia di pioggia che si posa a terra. L'ODORE del toast che sta cucinando la grassa signora al secondo piano dell'edificio davanti a me. Potrei individuare l'esatta TRAIETTORIA di un proiettile basandomi solo sull'inclinazione della pistola. Potrei farlo in tempo reale.
         Quando arrivo davanti al Preacher's li trovo lì, tutti incappottati, che scalpitano per vedermi: il russo, il cinese, l'ispanico. Già, anche russi e cinesi che si ODIANO da generazioni sono fianco a fianco per trattare con me. Dovrei sentirmi onorato ma non me ne fotte NIENTE. Sono stati onesti, non hanno portato scorte o gorilla vari, anche se probabilmente sotto gli impermeabili tengono un arsenale. D'altronde tre contro uno, per giunta scheletrico e tossico, non hanno nulla da temere, no? Leggo la TENSIONE sui loro volti e capisco che ci tengono davvero al buon esito di questa chiacchierata, sperano di risolvere tutto pacificamente. Sperano che nessuno si faccia male. Poveri STRONZI.
         Cominciano a parlare ma mi frantumano le palle dopo tre secondi netti. Li sento blaterare di “rispetto”, di “convivenza civile”, di “parole d'onore”. Rispondo con uno sguardo inebetito e vuoto: ok, ammetto che la mia capacità attentiva sotto l'effetto di sostanze non è il massimo. E poi mi ero incastrato a guardare un GATTO randagio col pelo striato. Avrà attraversato la strada almeno una dozzina di volte. Che cazzo starà facendo? Caccia? Pattuglia il suo territorio?
        - ... e perciò... reciproca convenienza economica... i profitti si moltiplicherebbero... -
Dio, sentiteli. Sembra di stare a parlare con dei MAGNATE dell'alta finanza. Ma noi siamo criminali, cazzo. Qualcuno deve esserselo dimenticato. Per fortuna noto la mia SCARPA e le sue stringhe sciolte. Mi chino per allacciarle. Alzo l'orlo del pantalone e sento il metallo legato alla caviglia e nascosto nel calzino. Il BATTITO del cuore aumenta.
          - Vedete, cari i miei stramaledetti commercialisti, non ho intenzione di farvi perdere tempo – esordisco – Immagino voi siate venuti qui animati dalle migliori intenzioni, per ottenere un accordo, un compromesso. Ma io non cederò, non indietreggerò. Questa cazzo di città sarà MIA, presto o tardi, lo vedrete. Pertanto non fate perdere tempo nemmeno a me e andate a fare il culo. Io non sono venuto qui per ascoltarvi ciarlare. Sono venuto qui per il SANGUE -
Emetto l'ultima sillaba e in un decimo di secondo estraggo il serramanico, lo apro e spicco un SALTO. Mi avvinghio all'enorme russo e gli pianto il coltello nel collo. Sono una pantera. No, sono una fottuta TIGRE. Sono un cazzo di lupo mannaro e la lama è il mio ARTIGLIO, le mie zanne. I due stronzi sopravvissuti non ci stanno capendo un cazzo mentre la giugulare del siberiano spruzza e imbratta di ROSSO me e loro. Tirano fuori i loro mitra e sparano alla cieca. Troppo LENTI. Mi faccio scudo col corpo del russo poi piroetto e sferro un calcio potente al ginocchio del cinese. Sento distintamente il “CRACK” della rotula. Questo si piega urlando e io gli conficco la lama da sotto in su nel mento. L'ispanico si sta cacando sotto e lascia partire un paio di raffiche. Lento lento. Io salto sulla schiena del cinese accasciato e la uso come un trampolino per avventarmi dall'alto sull'ultimo rimasto. Sono un NINJA, un guerriero ombra. Sono un eroe di un film d'azione, di un videogioco. Sono Enzo e sono LARA CROFT. Atterro coi piedi sul petto dell'ispanico sbattendolo a terra, poi calo il coltello quattro, cinque volte su di lui, finché non mi si spezza la lama. Vatti a fidare della roba comprata alle bancarelle.
         Mi alzo da terra e osservo lo SPETTACOLO: si sarà svolto tutto in nemmeno dieci secondi. Attorno a me si è creato un piccolo capannello di gente, gli aficionados del bar, depressi attaccati alla bottiglia fino alle prime luci dell'alba.
        - Cazzo avete da guardare?! -
Spariscono come TOPI. Io mi apro il giubbotto e estraggo dal fodero l'altro coltello. Quello VERO, da caccia, con lama seghettata.
         Vi chiederete: perchè il coltello? SCONTATO. Le pistole sono troppo comode, rendono la morte, l'omicidio, una faccenda semplice, quasi “distante”. Le pistole sono per i codardi. Se non ti sporchi di sangue non puoi dire di aver ucciso veramente qualcuno. E poi, in quest'era di giubbotti antiproiettile e kevlar, non puoi mai esser sicuro di aver steso qualcuno finché non vedi zampillare il suo sangue sul MARCIAPIEDE.
         Faccio appena in tempo a ripararmi dietro una macchina che arrivano i primi proiettili. Ecco la cavalleria, gli amici nascosti dei tre agenti finanziari che mi hanno mandato contro. Probabilmente pronti a farmi fuori nel caso avessi rifiutato la loro “PROPOSTA”. E mi sembra di essere stato chiaro sul rifiuto.
         Saranno mezza dozzina, forse più, armati con fucili automatici probabilmente. Nessun problema. BACIO la lama del coltello e ricomincio la mia danza.

         Quando ho finito mi avranno colpito almeno due o tre volte ma io non sento niente. Una strage. E io non sento niente. Non sento rimorso, non sento DOLORE, non sento di perdere sangue. Sono IMMORTALE. Il Cobalto, nella sua versione “custom”, è anche questo.
         E' per questo che mi rispettano. Per questo tutti vogliono lavorare con me. Sono l'unico leader così PAZZO da continuare a sporcarsi le mani. La vicenda di questa notte risuonerà per mesi nei racconti delle baby-gang, nelle bettole degli ispanici, fra gli ubriaconi slavi e nelle tane dei fottuti mangiariso. Avranno TERRORE, sapranno che non si scherza con me, non si scende a patti con me. Lo scopo è raggiunto, ci penserà Buddy poi, a ricucirmi. Tiro fuori dai jeans una fiala AZZURRA e me la premo nel petto, sotto il pettorale sinistro, fra le costole. Aah. Meglio di qualsiasi adrenalina.
         Mentre mi incammino verso il mio seminterrato sono SERENO, ho la mente sgombra. So che di tutti quelli nel bar, nemmeno uno oserà sollevare il telefono e chiamare la polizia. Quello che succede nell'East Side rimane nell'East Side. Cosa la paghiamo a fare, altrimenti, la POLIZIA? Lo sanno tutti dove abito, ma nessuno mi è mai venuto a cercare. QUESTO è il terrore.
         Metto un piede davanti all'altro e inspiro a pieni polmoni l'odore del SANGUE. Quel sangue che mi macchia il giubbotto, la canottiera, le stesse scarpe. Quel sangue ha un odore così forte che copre qualsiasi altro profumo. Persino il SUO profumo, stampato indelebile nei miei ricordi.
         Poi lo sento. Non dovrei, ho tanto di quel sangue addosso che non è possibile. Ma lo sento. Il profumo dei capelli di mia madre. Mia madre morta. Mia madre ammazzata da quello stronzo di cui porto il nome. Mi guardo attorno e mi scopro ad aver PAURA, per la prima volta in tutta la serata. Le ombre dei lampioni e dei cassonetti prendono vita, si muovono, e il profumo diventa sempre più forte. Sto diventando pazzo. Forse lo sono sempre stato. E' la droga. Sul muro accanto a me le ombre vanno a disegnare una figura sinistra, mostruosa: vedo CORNA, vedo ali e code. Non ci capisco più un cazzo e mi allontano dal muro quanto possibile, senza però riuscire a staccarne lo sguardo. Mi sta partendo la testa, lo so. Sono solo allucinazioni, nient'altro che allucinazioni. Poi ancora quel profumo, INTENSO. 
        - Tutta la tua SOFFERENZA. Tutto il tuo SANGUE. E' MIO -
E' la mia voce che sento. Eppure non è la mia. Mi tocco la gola mentre la figura sul muro mi fissa con i suoi occhi di FUOCO.
         Quello che vedo nel suo sguardo è TROPPO. Qualcosa scatta nel mio cervello, l'io cosciente non regge e va a rifugiarsi in un angolo remoto. Comincio a correre come un indemoniato, senza curarmi di niente, mentre sbatto addosso a cassonetti e specchietti di automobili. Faccio i GRADINI a tre a tre, entro in casa e busso in camera di Bud. Dalla sua faccia non devo essere messo granché.
         Poi vado in SHOCK.

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